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“Mala Pigna”, soddisfazione delle associazioni green: “I reati ambientali sono la punta dell’iceberg”

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  • 30 set
  • Tempo di lettura: 2 min
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Accolta con favore la sentenza di primo grado del Tribunale di Palmi, che ha confermato il legame tra criminalità organizzata e gestione illecita dei rifiuti

Redazione

      

Una sentenza attesa e importante quella emessa dal Tribunale di Palmi nel processo “Mala Pigna”, che ha duramente condannato i responsabili di un vasto sistema criminale legato allo smaltimento illecito di rifiuti nell’area della Piana di Gioia Tauro. La sentenza prevede pene che arrivano fino a 22 anni di reclusione, oltre a confische patrimoniali e l’obbligo di bonifica ambientale. Questo verdetto rappresenta un significativo passo in avanti nella tutela del territorio e nella lotta contro l’ecomafia.

Il ruolo di Legambiente e il risarcimento ottenuto

Legambiente, costituitasi parte civile nel procedimento e rappresentata dall’avvocato del CeAG Calabria, Alessandro Elia, ha accolto con soddisfazione la decisione del Tribunale. L’associazione ha ottenuto il riconoscimento del danno subito e un risarcimento di 15mila euro, oltre al rimborso delle spese processuali. Un risultato che conferma il ruolo attivo e legittimo delle associazioni ambientaliste nella difesa del bene comune.

La soddisfazione dell’associazione e la promessa di vigilanza

“Questa sentenza è una vittoria per l’ambiente, per la legalità e per tutte le comunità che da anni subiscono le conseguenze dell’inquinamento e dell’illegalità”, ha dichiarato la presidente regionale di Legambiente, Anna Parretta. “Il riconoscimento del nostro ruolo rafforza il presidio civico che Legambiente esercita ogni giorno nei territori più fragili e colpiti dalla criminalità ambientale”.

Il commento di Codici Ambiente


“Ci siamo subito attivati – ha affermato Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – per seguire gli sviluppi dell’operazione condotta dalla Dda di Reggio Calabria e dai Carabinieri, a cui rinnoviamo il nostro plauso. Questa inchiesta è l’ennesima conferma di come l’ambiente sia stato individuato dalla criminalità organizzata per i propri loschi affari, portati avanti senza alcuno scrupolo”.

“Dalle carte del processo è emersa una realtà agghiacciante – ha osservato Giovanni Crimi, Presidente di Codici Ambiente – Come evidenziato dal Pm Lucia Spirito, si è verificato un crimine ambientale. Una quantità enorme di rifiuti è stata mescolata al terreno, causando un disastro terribile ed un danno alla salute delle persone che vivono sul territorio dove sono stati perpetrati i reati addebitati”.

La ’ndrangheta e il legame tra ambiente e salute

Il presidente del Forum delle Associazioni AntiusuraGiuseppe Ambrosio, ha commentato che “i reati ambientali sono la punta dell’iceberg” di questa inchiesta, che ha permesso di svelare il modo in cui la ‘ndrangheta opera sul territorio, con “una gestione spietata e senza scrupoli, con una sfida continua alla legge ed ai suoi rappresentanti”.

“La Calabria, purtroppo, si è ritrovata ancora una volta nel triste e doloroso ruolo di vittima di crimini ambientali – ha dichiarato l’avvocato Giuseppe Marino, rappresentante legale di entrambe le associazioni in aula – Parliamo di un’enorme mole di rifiuti speciali e pericolosi, con tutti i rischi sul piano della salute che sono facilmente immaginabili. Siamo soddisfatti della sentenza di primo grado, un verdetto che vale doppio proprio perché in questa inchiesta si intrecciano salute e ambiente”.

 
 
 

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